lunedì 4 marzo 2013

Django Unchained




Forse la recensione più difficile da scrivere. Almeno per me. Perché è davvero complicato spiegare al meglio  la bellezza del nuovo film di Quentin Tarantino. Ammetto di essere mossa anche da un amore spropositato nei confronti di questo regista, padre di film e personaggi cult, entrati a far parte a pieno titolo dell’immaginario collettivo: da Le Iene a Pulp Fiction, da Kill Bill fino a Bastardi senza gloria. Ma vi assicuro, vi sto parlando nel modo più oggettivo possibile. Almeno mi sono imposta di farlo e non è poi così difficile, perché proprio nei confronti degli artisti che ami, dai quali ti aspetti tanto, riesci ad essere davvero severo.
Django Unchained conferma lo stile tipicamente “tarantiniano”:  sangue, violenza splatter, battute esilaranti , dialoghi brillanti, e tanta tanta tensione. Non mancano le classiche citazioni e gli omaggi: a Sergio Leone e Corbucci naturalmente. Ma anche a se stesso.
Un miscuglio di emozioni in una storia cadenzata come solo Tarantino sa fare. “Avevate la mia curiosità ora avete la mia attenzione!” recita il personaggio di Leonardo Di Caprio in una scena: è quello che ha ottenuto questo film dopo mesi e mesi di attesa. Non c’è un momento morto e i colpi di scena si sprecano. Il dramma della schiavitù viene raccontato in modo dettagliato e si può sicuramente notare nella cura dei dialoghi e nelle informazioni anche visive lo studio meticoloso di Tarantino dell’argomento, a dispetto di chi, come il regista Spike Lee, lo ha accusato di aver trattato in modo superficiale questo delicato tema (senza aver visto il film tra l’altro).
Django (Jamie Foxx) schiavo di colore reso un uomo libero da King Schultz (Christoph Waltz), cacciatore di taglie, cercherà di liberare a sua volta l’amore della sua vita Broomhilda (Kerry Whashington)  tenuta prigioniera dal malvagio latifondista Calvin Candie (Leonardo Di Caprio). Come in Bastardi senza Gloria Tarantino ci racconta una storia possibile ma non successa, una “favola”: in Bastardi la morte violenta di Hitler per mano di un gruppo di ebrei, in Django un nero “uomo libero” alla vigilia della guerra civile in America, che va a cavallo e  progetta concretamente la sua vendetta aiutato con dedizione da un bianco. Sin dalle prime scene, con sottofondo la canzone “Django” di Luis Bacalov (già colonna sonora del Django di Sergio Corbucci), le atmosfere dell’America schiavista invadono la sala e il sangue delle “merci umane” diventa il nostro sangue . Questa era la normalità, e anche ridere e scherzare accanto ad un cadavere lo era: questa è la potenza di Tarantino. Sopportare il dolore e la violenza smorzandola con una battuta, magari con la rabbia in corpo, scrollando le spalle,  aspettando stoicamente che il nemico si trasformi in un semplice corpo da riempire di pallottole.
Folle, schizzato e irresistibile Leonardo Di Caprio, in splendida forma Jamie Foxx, Samuel L. Jackson da manuale e un Christoph Waltz superbo, che fino a qualche anno fa era soltanto uno sconosciuto attore austriaco ma che ormai ha dimostrato ad Hollywood e a tutto il mondo del Cinema di essere all’altezza dei suoi più importanti attori!
Un Tarantino da Oscar.
E scusate se è poco!
Regia: Quentin Tarantino. Con Jamie Foxx, Christoph Waltz, Leonardo DiCaprio, Samuel L. Jackson, Kerry Washington.
Caterina Sabato

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