giovedì 22 agosto 2013

NEWS!!!!

E' in arrivo il nuovo agghiacciante sito dedicato alla paura!! Interviste, recensioni, speciali, rubriche, concorsi e molto altro!
Tutto questo da Settembre su www.nosun.org

Il contenuto del blog verrà trasferito sul nuovo sito.

sabato 3 agosto 2013

OPEN WATER


Non c’è dubbio, Chris Kentis ha talento con la macchina da presa. Ma soprattutto il giovane regista ha inventiva e originalità da vendere! Di film sui feroci predatori marini gli scaffali sono pieni, ma OPEN WATER (2003) è diverso: riuscire ad emergere e a spiccare in un contesto così largamente rivisitato e vasto non è certo facile, ma Kentis (sua anche la sceneggiatura e il montaggio) ha dato prova di maestria. Se Spielberg già nel lontano 1975 ha terrorizzato i bagnanti di tutto il mondo presentando il suo sanguinario JAWS, la pellicola qui recensita imprime nello spettatore anzitutto un temibile senso di ansia facendoli vivere in prima persona il rapporto difficile di una giovane coppia che, afflitta dallo stress, dalla poca comunicazione e dall’insofferenza, decide di dare un calcio alla routine di tutti i giorni partendo per una vacanza.
Una giovane coppia parte in vacanza e, inclusa nell’offerta, vi è anche un’immersione in pieno Oceano. Sfortunatamente dimenticati dall’imbarcazione nel mezzo delle pericolose acque, i due si ritroveranno a dover affrontare dure prove dovendo resistere alla fame, alla sete, al freddo, alla paura, agli squali, alla stanchezza, ma soprattutto faticheranno a tenere i nervi saldi!
Patito dello stile realista, il Nostro gira questa agghiacciante pellicola avvalendosi della collaborazione di squali veri. Ispirato ad un fatto realmente accaduto, OPEN WATER è un film che tende a sfinire lo spettatore, puntando dritto al sistema nervoso. Ansia, panico e terrore: tutto questo lo si vive calandosi nel ruolo dei due bravissimi interpreti (Daniel Travis e Blanchard Ryan), che si ritrovano circondati dagli squali, e tra mille altre insidie, in un’infinita distesa d’acqua. Quella che doveva essere un’indimenticabile immersione diverrà un incubo dal quale non potranno fuggire. Una tra le sequenza più inquietanti è certamente quella che vede i due poveri e sfiniti malcapitati, terrorizzati dagli squali che li ronzano attorno, colpiti da un burrascoso temporale nel cuore della notte. Il finale, imprevedibile e forte, incute sgomento nello spettatore, abbattendo anche quel sottile filo di speranza che lo ha tenuto inchiodato alla poltrona sino all’ultimo minuto!
Assolutamente consigliato, vi sfinirà!
Nico Parente

mercoledì 10 luglio 2013

WORLD WAR Z

E’ ormai chiaro e palese che quello degli zombie sia divenuto un vero e proprio fenomeno culturale contemporaneo. Pur vantando origini non proprio recentissime, pare, infatti, che negli ultimi anni questa originale creazione Romeriana si sia diffusa a macchia d’olio tra le nuove generazioni proprio come un rapido e violento virus, che solitamente è al centro delle zombesche trame. Stavolta  colui a cui spetta l’arduo compito di sfidare le immense orde di predatori carnivori porta il volto di Brad Pitt, qui nel ruolo di ex agente delle Nazioni Unite ormai ritiratosi a vita privata.
Gerry Lane, ex agente delle Nazioni Unite, è in compagnia della sua bella famiglia mentre Philadelphia scoppia nel caos più totale. Miriadi di persone infette da un misterioso virus si trasformano in velocissimi e spietati zombi. Lane accetta di rimettersi in servizio pur di mettere in salvo la propria famiglia su una nave del governo. Si porrà fine al planetario contagio?
Tratto dall’omonimo libro firmato Max Brooks “World War Z: An oral history of the Zombie War” , questo blockbuster prodotto dallo stesso Pitt e diretto da Marc Forster si presenta adrenalinico sin dai primi minuti con famelici zombie pronti ad assalire tutto e tutti per le strade di Philadelphia. Non mancano certo i riferimenti politici, tratto distintivo degli zombie-movie, e il risvolto finale è, a differenza di tantissimi cloni in circolazione, originale e spiazzante. Gli ottimi effetti e la realistica grafica digitale contribuiscono largamente alla riuscita di questa ottima pellicola, che alterna le catastrofiche sequenze di massa a quelle che ritraggono la sfera privata del bel biondo con gli occhi azzurri. Il cast (Brad Pitt, Mireille Enos, James Badge Dale, Matthew Fox e tanti altri ancora) funziona alla perfezione e la presenza di un grande Pierfrancesco Favino inorgoglisce non poco i tanti patiti italiani dell’action-horror. Uno scenario apocalittico fa da sfondo a quest’ennesima vicenda che vede protagonisti, seppur marginali, i “non morti”. 116 minuti di intensa durata dunque. World War Z (2013) è un film da vedere!
Nico Parente


lunedì 24 giugno 2013

TULPA

TULPA. Il significato della parola definisce un'entità incorporea creata attraverso particolari metodi meditativi sviluppati dai monaci, soprattutto i grandi lama tantrici. Secondo tali credenze l'essere, che vive nel piano astrale, può essere visualizzato sotto molteplici aspetti, soprattutto quello animale, da altri monaci raccolti in meditazione. Se il Tulpa può quindi manifestarsi sotto sembianze animali, quello di Zampaglione assume i connotati di una belva feroce e spietata. Dopo la buona prova Shadow (2009), il leader dei Tiromancino torna ancora una volta a dirigere un set, questa volta puramente thriller. Lo stesso Zampaglione più volte ha volutamente attribuito alla sua ultima fatica la definizione di “giallo”, ma al sottoscritto Tulpa (2013) non sembra rientrare proprio negli stilemi di quest’ultimo genere.
Donna in carriera e ambiziosa di giorno, dedita a incontri scambisti e orgiastici di notte. Questa è Lisa (Claudia Gerini), donna sensualissima che presto si ritrova catapultata in un mortale vortice di omicidi che hanno per protagonisti alcuni clienti del notturno locale romano Tulpa.
Federico Zampaglione si cimenta, dopo aver esplorato confini più prettamente horror, con un’antica tradizione nostrana: il thriller. Se Dario Argento, Lucio Fulci e Bava sono tra i registi preferiti e formativi del noto musicista/cantante, le loro influenze in Tulpa si vedono tutte! La partecipazione di Dardano Sacchetti al soggetto e alla sceneggiatura è palesemente vivida: l’originalità e l’efferatezza degli omicidi non potevano essere ché frutto di un grande esponente del cinema di genere di casa nostra. Tantissimi i richiami ai grandi maestri: l’assassino in impermeabile scuro, volto celato, guanti in pelle e cappello è un chiaro riferimento al concetto di serial killer introdotto da Mario Bava; la sequenza durante la quale il killer getta violentemente sul volto di una giovane maliziosa frequentatrice del Tulpa dell’olio bollente, deturpandole orribilmente il viso, tanto ricorda la scena topica di Profondo Rosso che vede una delle povere vittime orribilmente sfigurata con dell’acqua bollente; l’assassino veste i panni del gentil sesso, gli omicidi vedono protagonista ancora una volta l’arma bianca (la lama) e le scene hot ricordano tanto quelle presenti nella filmografia Fulciana, su tutti Lo Squartatore di New York. Il risvolto finale è imprevedibile e Zampaglione è abile nel creare atmosfere intrise di tensione e suspence. Una splendida Claudia Gerini, coadiuvata sul set da Michele Placido, Ivan Franek, Michela Cescon, Nuot Arquint (già presente in Shadow) e tanti altri, delizia lo spettatore con la sua presenza in delle soffuse scene erotiche (e non eccessivamente spinte come si è voluto far credere) vestendo abiti provocanti e indossando altissime scarpe, sulle quali il regista più volte si sofferma. Il sangue scorre a litri in questo film e Zampaglione dimostra in tal modo la sua passione per quel gore all’italiana introdotto da Fulci e misto al sexy. Tulpa nel complesso si lascia guardare e non avanza pretese di voler apportare novità al genere. Non aggiunge e non toglie nulla quindi, ma si presenta gradevole e certamente riporta sul grande schermo un genere al quale siamo profondamente legati, ma che sempre più i produttori ignorano. Il thriller in Italia è un culto e Tulpa ne è l’ennesima prova.

Nico Parente

mercoledì 5 giugno 2013

SHARK 3D



Feroci animali di ogni specie e provenienti da tutto il mondo fanno le loro prime apparizioni sul grande schermo intorno agli Cinquanta, per poi seminare terrore e sangue per anni e anni. Se Alfred Hitchcock con il suo “Gli uccelli” (1963) per la prima volta trasforma i volatili in temibili assassini, diversi anni dopo la tradizione zoologica continua a diffondere panico nelle sale cinematografiche grazie a celebri nomi quali Steven Spielberg, ad esempio ( Jurassic Park, Lo squalo ). Ben presto, il largo successo riscosso grazie alle fauci dei mostri marini spinge produttori e addetti ai lavori a proseguire su questo fortunato filone, che ancora oggi sembra volersi tenere a passo coi tempi ricorrendo alla grafica 3D.
Josh, dopo aver visto divorare il suo migliore amico da un feroce squalo bianco, abbandona il mestiere di bagnino per lavorare in un supermarket. Un anno dopo, uno sconvolgente tsunami si abbatte sulla città e travolge anche il supermarket, proprio mentre all’interno si sta svolgendo una rapina. I pochi sopravvissuti alla furia dell’onda anomala cercano riparo nei pochi spazi non ancora inondati, ma presto si accorgeranno che all’interno della struttura allagata si aggira un feroce squalo bianco.
SHARK 3D (2013) si presenta nel complesso come un lavoro di buona fattura. Riesce a svolgersi in un contesto originale, richiamando una grave catastrofe a noi tutti nota, risalente a diversi anni fa. Il regista K. Rendall ci regala una valida prova, carica di tensione e sangue e che, differentemente da tantissimi altri B-movie del genere, mantiene alta e viva l’attenzione dello spettatore sino all’ultimo minuto. I riferimenti ai capostipiti non mancano, ma SHARK 3D mantiene comunque una trama originale e sembra voler portare un’ondata (non ci sarebbe termine più adatto) di freschezza al filone SHARK MOVIE. Divertente la grafica in 3D, che per la prima volta permette al pubblico un incontro ravvicinato con il re del mare in carne e ossa.
L’estate si avvicina, ma SHARK 3D vi terrà alla larga dalle spiagge per un bel po’!
Nico Parente

sabato 25 maggio 2013

DEMONI

Per i Bava fare cinema è uno stile di vita, si sa, e l’ottimo lavoro qui di seguito recensito ne è una prova schiacciante. E’ il 1985, periodo boom in Italia per il genere horror, quando nelle sale cinematografiche viene proiettato Dèmoni di Lamberto Bava. Il film segna un fortunato connubio destinato a ripetersi, con la realizzazione di un sequel, che vede assieme Dario Argento (qui nelle vesti di produttore), Sergio Stivaletti agli effetti speciali e al make-up, Lamberto Bava alla regia e Claudio Simonetti alle musiche.
Berlino. Kathy e Sharon, due ragazze, ricevono per mano di un inquietante individuo mascherato (Michele Soavi) degli inviti per una prima cinematografica a sorpresa. In sala vengono raggiunte da George e Ken e insieme, con la sala gremita di gente, assistono alla proiezione del film. Sul grande schermo appare la frase di Goya “Il sonno della ragione genera i mostri”. Si tratta di un film horror che narra di alcuni ragazzi che scoprono la tomba di Nostradamus, costruita su una delle Porte dell’Inferno, sprigionando il Male. Una maschera esposta all’ingresso del cinema nasconde qualcosa di mostruoso e macabro. Una ragazza sfiorandola si ferisce accidentalmente, e il contagio ha inizio.
Una specie di zombie movie in chiave rivisitata e aggiornata questo Dèmoni di Bava. L’idea di fondo è sensazionale: un film proiettato in sala invade e contamina il pubblico. Non sembra esserci via di scampo, il tutto si svolge nel cinema. L’incubo di celluloide invade la realtà, destabilizzando lo spettatore e calandolo in un vortice senza fine. La stessa città di Berlino viene magistralmente resa tetra e misteriosa da un abile Lamberto, che del terrore ha saputo fare il suo mestiere. Per chi ama vedere il sangue sgorgare a fiumi questo è il film ideale. Lo splatter e le scene raccapriccianti non mancano. Una nota curiosa vuole tra il pubblico una giovane Fiore Argento, figlia del regista produttore Dario. Non si viene a conoscenza di dettagli o di elementi che possano dare una spiegazione razionale a quanto avvenuto, ma forse anche questo ha contribuito a rendere Dèmoni una pellicola “cult”, che ogni patito del genere deve possedere nella propria videoteca.

Nico Parente

domenica 12 maggio 2013

LA CASA (2013)

LA CASA (2013)
E’ il 1981 quando un giovane Sam Raimi, coadiuvato dall’amico attore Bruce Campbell, raggiunge i vertici della notorietà lanciando sugli schermi di tutto il mondo la pellicola, di lì a breve destinata a divenire un vero e proprio cult, La Casa. Se da sempre la letteratura macabra ispira registi e produttori, questo è un caso divenuto fenomeno: questa volta non è una semplice dimora infestata o il Re degli Inferi a dominare per tutta la pellicola, bensì la causa di questo vortice delirante di sangue, morti e possessioni demoniache risiede nelle pagine di un antico testo maledetto, il Necronomicon, anche noto come il libro dei morti. La leggenda vuole che il volume sia stato scritto con il sangue e foderato in pelle umana. Ma se tutto questo appartiene al culto e alla tradizione popolare, nonché all’immenso estro creativo di un autore quale H.P. Lovecraft, La Casa è invece una solida realtà e il remake diretto da Fede Alvarez ne è una prova! Non il solito remake quindi..
 Tre ragazze e due ragazzi, ciascuno coi propri problemi e le proprie attitudini, si recano in una casa nel bosco per il weekend. L'intenzione è di aiutare una di loro a chiudere con la droga, passando con lei i primi giorni di astinenza.
Luogo in passato di inquisizione e riti macabri, il cottage nasconde nel suo scantinato un vero e proprio martirio di gatti e tra le ceneri è possibile, per sfortuna dei poveri malcapitati, rinvenire diversi elementi che racchiudono il Male, quello vero. Riportando alla luce un antico testo viene invocata una spaventosa forza demoniaca che si impossesserà in primis della giovane Mya, facendo credere ai suoi amici che i suoi deliri siano provocati dall’astinenza. Dopo 30 anni viene riportato sugli schermi nuovamente uno dei più grandi titoli horror di tutti i tempi, ma questa volta l’ironia e il grottesco vengono messi volutamente da parte per dar vita ad un film demoniaco al 100%. Il cast funziona bene, il ritmo è coinvolgente sin dai primi minuti e la tensione e l’adrenalina non vengono mai meno. La scelta è ricaduta, in memoria dei vecchi tempi e contrariamente a tutte le altre pellicole del genere in circolazione negli ultimi anni, sugli effetti speciali analogici anziché digitali e questo ha premiato il regista e la riuscita del film. Ovviamente le citazioni al capostipite non potevano mancare (arti mozzati, la motosega, l’uso del punto di vista del demone ad alta velocità), ma il resto della pellicola si presenta come un continuo richiamo ai capisaldi del genere satanic-movie, con particolare predilezione per L’ Esorcista. Le battute della giovane posseduta, il suo sguardo, il trucco, il vestiario e quant’altro riportano senza ombra di dubbio alla piccola indemoniata Regan. Le sequenze di suspence sono lunghe e non permettono, poiché son talmente ben realizzate e coinvolgenti, allo spettatore di distogliere lo sguardo. Il finale è una sequenza unica e memorabile: una pioggia di sangue apocalittica in grado di far immedesimare il pubblico nell’ infernale situazione facendoli provare un intenso brivido lungo la schiena. Complimenti alla produzione, al regista e all’intero staff tecnico per la riuscita di questa brillante opera destinata alla consacrazione come uno dei remake più riusciti!
Nico Parente

martedì 23 aprile 2013

NON SI SEVIZIA UN PAPERINO

Lucio Fulci, si sa, è un regista estremo sotto tutti i punti di vista. Direttore poliedrico, è in grado in ogni suo lavoro ( e sono davvero tanti i suoi film ), indifferentemente se si tratta di un western o di un horror, di inserirci elementi disturbanti, forti, che rimangono impressi nella mente dello spettatore. E’ il 1972 quando il Nostro gira Non si sevizia un paperino, un thriller agghiacciante che creerà non pochi problemi a Fulci, costretto a scontrarsi duramente con critica e pubblico perbenista. L’Italia in questi anni è un paese moralista, cattolico, guidato dalla DC e certamente un film come questo risulta scomodo a molti.
Accendura, un piccolo paesino del Sud Italia, è sconvolto dalle brutali uccisioni di alcuni bambini. Ad indagare sul caso sarà un giornalista ( Tomas Milian ), che presto scoprirà l’identità del serial killer e porrà fine all’incubo.
Il paperino del titolo è un chiaro riferimento alla figura infantile, in questa pellicola vittima delle gesta efferate di un’insospettabile uomo, ma anche un elemento cruciale dell’intera vicenda. Questo è un film che sin da prima della sua uscita nelle sale ha fatto molto parlare di sé a causa di scene eccessivamente spinte e violente    ( tra queste celebre la sequenza in cui una sensualissima Barbara Bouchet si mostra nuda e provocante dinnanzi agli occhi di un bambino ). Questo è un thriller insolito: Non si sevizia un paperino si rivela una vera e propria denuncia al falso moralismo cattolico e benpensante, mettendo in evidenza, attraverso una piccola realtà popolare del Sud Italia, l’aspetto stupidamente pregiudizievole e superstizioso della gente, pronta a puntare il dito sin da subito contro lo scemo del paese prima, poi contro la splendida ragazza un po’ viziata ed infine contro la Maciara ( Florinda Bolkan), accusata di stregoneria. Un film importante per Fulci, che con questo lavoro dimostra il suo lato ribelle e anticonformista, il suo aspetto esagerato e la sua maestria nel saper fare cinema impegnato. Seppur con pochi mezzi a disposizione, gli effetti splatter e gore risultano ottimamente realizzati: la scena in cui la Maciara viene brutalmente uccisa a colpi di bastoni e pesanti catene fa gelare il sangue nelle vene. Le musiche sono di Riz Ortolani e da menzionare è certamente il forte contrasto sonoro che si crea mentre la Maciara viene colpita a morte e in sottofondo lo spettatore viene deliziato da Quei giorni insieme a te di Ornella Vanoni. Fulci colpisce duro e non conosce mezzi di termini di comunicazione, rivolgendo pesanti critiche al sistema ecclesiastico e all’Ordine costituito. Il risvolto finale è imprevedibile, nessuno penserebbe mai al prete come alla figura di uno spietato assassino convinto di preservare dagli atti peccaminosi i suoi bambini uccidendoli. Il cast funziona alla perfezione e l’idea di fondo, come suggerisce l’amico e critico Antonio Tentori risulta “geniale”. Un film che descrive appieno Lucio Fulci e che anticipa larga parte degli elementi che caratterizzeranno la sua filmografia futura. Da non perdere!
Nico Parente

giovedì 11 aprile 2013

LA MASCHERA DEL DEMONIO



E’ da considerare il MASTER dell’horror gotico italiano. Di chi sto parlando? Di Mario Bava! Il suo nome è sinonimo di brivido nel Bel Paese e di certo quello che può essere considerato il primo lavoro “de paura” del regista di origine sanremese, ma da sempre vissuto a Roma, porta il titolo de La maschera del demonio. Con questa pellicola Bava introduce stilemi, tecniche di ripresa e tematiche mai viste in precedenza: in particolar modo, la donna gioca un ruolo principale all’interno di questo filone cinematografico rappresentando il Male sotto forma concreta e materiale. E’il 1960 quando Mario Bava realizza questa splendida pellicola in b/n destinata a divenire un MUST dell’horror mondiale.
Nella Moldavia del Seicento la principessa Asa è condannata e giustiziata per stregoneria col suo amante. Il suo volto viene deturpato da una maschera conficcatale sul volto. Sepolta nella tomba di famiglia, due secoli dopo due medici, in viaggio verso Mosca, si imbattono nella cripta e, cercando di rimuovere  la tenebrosa maschera dal volto della strega suppliziata, la riportano casualmente in vita. La strega cerca di impossessarsi di Katia, una sua discendente che le somiglia moltissimo.
E’ questa la trama sulla quale riposa il film d’esordio,  vagamente ispirato al racconto Il Vij dell'ucraino Nikolaj V. Gogol, di questo grande direttore della fotografia, mago degli effetti speciali e regista. Il duplice e complicato ruolo femminile  spetta a colei che di lì a breve diverrà la Regina dell’Horror: Barbara Steele. La cupa vicenda, magistralmente fotografata, interpretata e diretta, può a tratti essere ritenuta come la prima horror story contenente sequenze splatter della storia del cinema di genere: la scena che vede il sangue zampillare dalla maschera che trafora il volto di Asa rimane impressa nella memoria dello spettatore. Stroncato dalla critica italiana alla sua uscita nelle sale, La maschera del demonio e il suo autore vengono oggi, a cinquant’anni di distanza, ancora apprezzati e stimati in tutto il mondo. Un capolavoro assolutamente da vedere!
Nico Parente

venerdì 5 aprile 2013

NEWS: James Wan ... da brivido!!


Film vietato perchè troppo spaventoso!!
Il regista di ‘Saw’ non arriverà nelle sale con la sua pellicola prima del 19 luglio negli USA e il 22 agosto in Italia, e gli spettatori sono già avvisati: The Conjuring – questo il titolo italiano del film – sarà da brivido.
Tanto che la MPAA, la Motion Picture Association of America, ha già etichettato la pellicola come ‘Restricted’, vale a dire che i minori di 17 anni dovranno essere accompagnati dai genitori. E non per la presenza di scene particolarmente cruente: il produttore Walter Hamada ha infatti rivelato che l’Associazione ha motivato il divieto sostenendo che il film fosse “semplicemente troppo spaventoso”.
Nella pellicola non ci sono neanche scene tanto crude da poter essere eliminate per far sì che la censura venga ritirata: neanche a film come ‘The Ring’ e ‘Drag me to hell’ era toccata una sorte simile.
‘The Conjuring’ si basa su una storia vera e racconta di due investigatori del paranormale che si trovano ad indagare su alcune strane presenze in una vecchia fattoria, abitata dalla famiglia Perrons. Nel cast troviamo Vera Farmiga, Patrick Wilson, Lily Taylor e Ron Livingston.
(Libero.notizie.it)

Certamente una notizia, questa, che rende felici i tanti patiti del genere e i fedelissimi al nuovo filone New Gore venutosi a creare da qualche anno a questa parte, di cui Wan è tra i nomi di spicco!
Non mancate all'appuntamento col prossimo film della nuova promessa dell'horror mondiale!

martedì 2 aprile 2013

LA MADRE



Cinque anni fa, le sorelle Victoria e Lilly scomparvero dal quartiere in cui abitavano, senza lasciare traccia. Da allora lo zio Lucas e la sua fidanzata Annabel non hanno fatto altro che cercarle. Ma quando le ragazze vengono incredibilmente ritrovate vive in un rifugio fatiscente, la coppia inizia a chiedersi se le ragazze siano gli unici ospiti ad essere stati accolti nella loro casa. Mentre Annabel cerca di ricreare una vita normale per le due sorelle, cresce la sua convinzione che in casa aleggia una presenza maligna…
Su quello che può apparire un semplice e, a tratti, scontato soggetto si basa uno dei recenti film di genere di maggior successo. La suspense e gli attimi di tensione non mancano e tra gli interpreti meritano soprattutto particolare citazione le piccole Megan Charpentier e Isabelle Nélisse ( con mia particolare predilezione per quest’ultima ). Jessica Chastain è perfetta nel suo ruolo di zia giovane, dallo spirito rocker ma dal cuore tenero. Il ritmo è incalzante, vero, ma ciò che forse facilmente smorza la tensione è proprio la figura fantasma, LA MADRE che intitola il film: quest’essere informe, poco realistico e palesemente realizzato in digitale contribuisce a far cedere quell’atmosfera concreta e tangibile che sembra ispirare il film, almeno nella prima parte, rendendo in tal modo meno coinvolto lo spettatore. Peccato, perché le tecniche di ripresa, la fotografia e l’interpretazione sono davvero ottime e questo rende onore al regista Andres Muschietti. Non mancano alcuni soliti e tipici cliché dell’horror thriller ( la figura infantile, l’armadio, la dimora infestata, il rapporto morboso tra le piccole creature e gli insetti ), ma anche questo può andar bene poiché, finché si rende giustamente tributo ai vecchi e cari canoni del genere, nessun cinefilo e patito dell’horror disdegnerà mai tali riferimenti, seppur usatissimi.
Il tema dell’affetto morboso di una Madre verso la prole stuzzica certamente il subconscio degli animi più sensibili, colpendoli senza pietà sotto la cintura, ma questo è un discorso troppo astratto per essere inserito in una recensione, tenuto anche conto dell’attuale pubblico che si riversa nelle sale italiane per assistere alla proiezione di un horror movie ( teen ager alla ricerca di facili spaventi e spettatori con poca conoscenza dell’ambito ). Il finale si potrebbe rivelare per molti aspetti deludenti, accostandosi più alla tradizionali gothic ghost story e alle fiabe nere.
Nel complesso, comunque, LA MADRE regala certamente degli ottimi momenti di panico e di tensione, pertanto ve ne consiglio la visione, ma senza troppe aspettative.

Nico Parente

venerdì 22 marzo 2013

DIAZ



Con questo lavoro, coraggiosamente prodotto da Domenico Procacci, il regista Daniele Vicari ci sbatte violentemente in faccia e senza mezzi termini “La più grave sospensione dei diritti democratici in un Paese Occidentale dopo la Seconda guerra mondiale”, come definita da Amnesty International. Ho voluto sottolineare il coraggio degli investitori nel realizzare questo film, le quali sequenze non sono state fatte girare in Italia, poiché il loro gesto ha significato un affronto alle case di produzione mainstream che hanno ovviamente rifiutato il progetto. Con un cast che vede impegnati i volti, tra i tanti, di Elio Germano, Claudio Santamaria, Alessandro Roja, Ralph Amoussou, Paolo Calabresi e moltissimi altri, Vicari ci racconta quanto accaduto nella notte del 21 Luglio 2001, in occasione del G8, alla scuola Diaz di Genova: l’istituto scolastico diviene in quell’occasione l’alloggio di tanti manifestanti ed appartenenti al movimento Tute bianche. Quello che dovrebbe essere un centro di accoglienza è destinato a divenire un vero e proprio macello, nel senso letterale del termine. La pellicola si concentra, montando sapientemente immagini riprese dal vero con sequenze interamente riprodotte sulla base degli atti processuali, sull’irruzione delle forze dell’ordine nella Diaz. Essendo un patito del genere horror di certo il sangue sullo schermo non mi disgusta, ma vedendo DIAZ non è stato così. DIAZ è diverso. Circa 30 minuti di incessante carica sanguinolenta, insulti ed umiliazioni contro i manifestanti innocui e disarmati equivalgono ad un pugno nello stomaco dello spettatore. Quello che è stato un semplice pretesto da parte dei caschi blu per vendicarsi di quanto avvenuto nelle ore precedenti, a causa dei gruppi facinorosi e violenti, per le strade di Genova viene meticolosamente denunciato attraverso questa iperviolenta pellicola degna di poter essere definita un horror vero e proprio. Ma questa volta non si tratta di un copione sapientemente scritto da qualche maestro del brivido, bensì della pura e pessima realtà. Le torture nelle carceri alle quali vengono sottoposti i manifestanti in stato di fermo contribuiscono a lasciare un segno indelebile nella memoria dello spettatore che, incredulo, assiste al susseguirsi di questi drammatici fatti. Se quanto riproposto in DIAZ rappresenta chi dovrebbe simboleggiare la giustizia nel Paese in cui vivo, preferisco non ritenermi italiano. Vedete DIAZ e non dimenticate!
DON’T CLEAN UP THIS BLOOD!
Nico Parente